venerdì, agosto 31, 2007

Temporale di fine estate


Come ho già detto più sotto, mi piacciono molto le piogge e i temporali di fine estate. Questa sera ce ne è stato uno davvero enorme. Sono stato un'ora alla finestra a guardare le strade davanti a casa mia venire mondate da un torrente battesimale che segnala, tra le varie cose, la fine della stagione.

Ho spento tutte le luci. L'appartamento era illuminato ad intermittenza dai lampi temporaleschi. Sono stato ad ascoltare il rumore della pioggia che scendeva copiosa e picchietteva con insistenza sui vetri. Plic, plic, plic, plic. I tuoni rombavano, prima in lontananza, poi rumorosamente e con intransigenza, per poi allontanarsi di nuovo.

I like it. Una città come Milano poi ha davvero bisogno di queste robuste e copiose secchiate d'acqua. C'è qualcosa di incredibilmente liberatorio in tutto questo.

giovedì, agosto 30, 2007

Ed è sempre così che va, alla fine.

Mentire a me stesso in ambito sentimentale e in faccende di cuore è una delle cose che faccio più spesso (mii, scritta così passo per uno stronzo--no, dai, sono buono in realtà. he). Ma se non è menzogna, allora frequentemente è qualcosa di più contorto e avviluppante: è come essere lanciati in corsa verso la meta dei 100 metri e poi rallentare senza motivo dicendo "comunque non sarò io a tagliare il traguardo". Devo comunque correre, tutti i santi giorni. E poi, eccheccazzo, correre fa bene, mi fa stare in forma.

Gestire i sentimenti che bombardano l'anima. Pensare prima alle conseguenze al posto delle cause. Essere convinto che "tanto ho tutto sotto controllo, io". Soppesare costantemente i pro e i contro e alla fine convincermi che, sì, dai, pesano più i contro e poi vuoi mettere che casino se andasse in quel senso? Sapere che prima o poi qualcun'altra dalle mie parti passerà e distoglierà la mia attenzione e i miei pensieri da quell'altra.

Ingranaggi del cervello che fanno un gran rumore. Tlac-plonk-tink-gonk-stok-khenk-stak. E via così, sempre così.

Ma basta un sorriso. Una parola detta in un certo modo. Qualcosa che non avevo ancora notato. Una maglietta nuova che le sta da dio. E quegli occhi, quei cazzo di occhi assurdi, infiniti e profondi piùblublublublublu che mi guardano. E allora tutto quel diavolo di tlac-plonk-tink-gonk-stok-khenk-stak che sta sempre in sottofondo come finalmente si spegne, cessa di far casino e tutto quel rumoroso ruminare logico del cervello smette di avere un senso. E rimango lì, come una statua immobile, a contemplare.

Poi ovviamente si torna alla routine del rumoroso ruminare, ma non prima di guardarsi da fuori e alla fine esclamare: "D'oh!".
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Now playing: "Still", Ben Folds (dall'album Supersunnyspeedgraphic, the lp)

mercoledì, agosto 29, 2007

It's like life...


Qualche giorno fa, ho guardato nuovamente uno dei miei film preferiti: Turista per caso (The Accidental Tourist, 1988), diretto da Lawrence Kasdan e tratto dal romanzo omonimo di Anne Tyler. E' un piccolo grande film, che ho sempre molto amato per la delicatezza della messa in scena, la profondità della narrazione e per tante altre piccole cose. Il titolo di questo libro/film poi si addice bene al mio stato d'animo e alla mia situazione dell'ultimo periodo (e non solo questa). he he. :)

E' un film che parla dei grossi ostacoli e delle grandi sorprese che possiamo incontrare nella vita e lo fa in maniera molto realistica ma anche molto poetica. E' tutto raccontato attraverso i gesti minimi, gli sguardi laconici, le parole trattenute e le sfumature infinitesimali di Macon, il protagonista interpretato con immensità da William Hurt. Il "guscio" emotivo nel quale vive Macon è il luogo nel quale le persone emotivamente fragili sentono il bisogno di andare a rifugiarsi. Si può essere turisti, ma lo si fa senza dover rinunciare alla comodità della poltrona di casa propria (la poltrona con le ali è appunto il logo delle guide del "Turista per caso" del quale Macon è autore). Adoro come William Hurt sia riuscito a rendere questo tipo di stato d'animo attraverso la sua interpretazione e anche come Kasdan lo riprende e lo pedina durante il film. E quando una nuova persona improvvisamente si materializza magicamente nella nostra vita, come Muriel per Macon, dobbiamo saperla riconoscere e averne cura.

Il film poi scandaglia in maniera molto sincera le difficoltà dei sentimenti della coppia. Sarà che ultimamente ci rifletto spesso per varie ragioni, ma in questo film ritrovo le dinamiche e i modi in cui le persone si innamorano (Macon & Muriel) e come si lasciano (Macon & Sarah), il tutto dipinto in modo assai lucido e vero. C'è una battuta che riassume molto bene tutto questo, che Macon pronuncia alla fine del film, nel suo ultimo colloquio con Sarah:

"I'm beginning to think that maybe it's not just how much you love someone. Maybe what matters is who you are when you're with them."

Il finale è uno dei più belli e commoventi che io ricordi. Macon fa la sua scelta e decide finalmente di ricominciare da capo, abbandonando prima la sua borsa e poi inseguendo e infine ritrovando Muriel (non prima di aver avuto una di quelle visioni/rivelazioni che nel cinema sono sempre magiche). Kasdan racconta tutto questo con grande trasporto e commozione, "esplodendo" nell'inquadratura finale di Macon che, finalmente, sorride a Muriel e a noi. La splendida e commovente musica di John Williams fa letteralmente prendere il volo a questa sequenza, come nelle sue migliori colonne sonore per il cinema di Spielberg. E' un finale appagante, un regalo ai sentimenti genuini, dopo due ore di controllatissimo understatement.

Spero un giorno di scrivere una storia o di girare un film che possa regalare questo genere di emozione. E' un po' sentimentale, lo so... ma è qualcosa di sincero, really.

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P.S. obbligatorio (manoncentranientecolpostodierno): ho appena visto i pulotti che arrestavano due ragazzini che stavano tentando di rubare un auto qui sotto casa. Mii, sono arrivati sgommando come Starsky&Hutch e li hanno messi subito in manette. Law & Order?!

giovedì, agosto 23, 2007

Piove. Ma va tutto bene!


Giornate umide, con le nere nuvole gonfie di acqua che si rovescia copiosa ed arrabbiata sulla città ancora poco trafficata in questo finale d'agosto. Devo dire che non mi dispiace affatto. Ok, fa freddo, ma i temporali di fine estate mi mettono in uno stato d'animo particolare, direi positivo. Credo che dipenda dal forte carico di aspettative che da sempre riverso nell'inizio dell'anno cosiddetto "sociale", quello che si fa cominciare a settembre, insomma.

Le mie ferie estive sono state alquanto deprimenti, passate in città con l'eccezione di un paio di giorni al mare a ferragosto. Ma la rabbia e lo sconforto sono già alle mie spalle, ho imparato la lezione e ora mi sento molto meglio. Guardo avanti, cerco di capire sempre di più quali sono le persone sulle quali posso contare e quelle con cui voglio approfondire i miei rapporti. E attendo con ansia il viaggio di fine novembre a Chicago/New York. Un regalo che sentivo di dovermi fare... ok, la mia fissazione per John Williams mi condiziona la vita e le scelte più di quanto potessi immaginare, ma finchè si parla di musica, di arte e di una passione sincera (sì, lo è davvero, alla fine di tutto), allora va bene. :)

Sto cercando di capire come sfruttare meglio questa piccola opportunità del blog... sì, cioè, vorrei che fosse qualcosa di più di una mera collezione di pensieri sparsi e di piccoli sfoghi personali. Vorrei mettere qui dentro qualcosa che abbia più a che fare con il mio spirito creativo, che c'è ed è in salute, ma devo stuzzicarlo e ravvivarlo sempre. Ultimamente mi sono lasciato trascinare - con estremo ritardo - dalle vere realtà della rete ed ho aperto account a destra e a manca: questo blog, Flickr, YouTube, Lulu... mi manca solamente MySpace, cosa a cui rimedierò a breve, credo. Vorrei usare tutto questo non solamente come diletto o passatempo, ma per qualcosa che serva anche al mio lavoro e alle mie ambizioni (d'oh!) letterarie-audiovisive. Proprio ieri ne parlavo con un collega-amico, che mi raccontava la medesima cosa. Lui ha fatto un'osservazione interessante: probabilmente oggi c'è moltissima gente (ragazzi e adolescenti, soprattutto) che passa tantissimo tempo al computer usando questi servizi e queste utenze, dimenticandosi forse di vivere un po' di più nel "mondo reale" (a ben pensarci, ormai Matrix è qui da un pezzo). Però, mi diceva lui, è un errore passar sopra e schivare tutto questo. Se vorremo capire meglio le relazioni del futuro e, forse, come si comporteranno anche i nostri figli, dobbiamo prendere un po' di confidenza con questi nuovi strumenti. Sembra un discorso banale e risaputo, ma quando mi sono fermato a rifletterci su, tutto questo non mi è sembrato per nulla scontato. Come mi ha detto lui "non voglio rimanerne tagliato fuori e rischiare di non capire". I agree.

"Always in motion the future is."
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lunedì, agosto 13, 2007

"Signore e signori, buonasera..."


Il 13 agosto di 108 anni fa nasceva Alfred Hitchcock. Uno dei più grandi geni della storia del Cinema e uno degli artisti fondamentali del XX secolo. Non starò qui a sprecare altre parole o ulteriori aggettivi altisonanti, perchè su Hitch tantissimo è già stato detto e scritto. Per quanto riguarda me e la mia passione per il Cinema, posso senza dubbio dire che lui è uno di quelli che hanno forgiato e alimentato il mio amore per la Settima Arte e le immagini in movimento. Ogni suo film è qualcosa di prezioso, da vedere e rivedere.

Per celebrare questo anniversario, questa sera mi guarderò uno dei suoi film. A voi tutti consiglio, se non lo avete già fatto, di leggere il meraviglioso libro-intervista di Francois Truffaut con il Maestro del Brivido, Il cinema secondo Hitchcock: è in assoluto il più bel libro che sia mai stato scritto sul cinema.

Grazie di tutto, Sir Alfred.

"Drama is life with the dull bits cut out."
Alfred Hitchcock

sabato, agosto 11, 2007

TV Recollections


Negli ultimi giorni, forse per ammazzare la noia di queste lente giornate estive cittadine, ho avuto un divertente scambio di e-mail con mio fratello Giamma: ci siamo "bombardati" a vicenda di una serie di link da quel mostruoso contenitore audiovisivo che è YouTube. L'oggetto dei link erano sigle di telefilm e cartoni animati coi quali io e lui siamo cresciuti insieme o dei quali siamo stati tante volte (involontari, in alcuni casi!) spettatori. Volete un elenco? Beh, è un classico. Eccolo: A-Team, Arnold, Casa Keaton, I Jefferson, Ralph Supermaxieroe, Genitori in blue jeans, T.J. Hooker, Masters of the Universe, L'incredibile Hulk, Wonder Woman, Cin Cin, Il mio amico Ricky, Love Boat, Tre cuori in affitto, I Robinson... fino ad arrivare alle sigle di Bim Bum Bam e a clip tratte dai (terribili) film per la televisione di Spider-Man.

Navigando per il web ho trovato davvero una quantità immensa di blog, forum e siti dedicati a tutto il modernariato televisivo degli anni '80. Si sa, il web è un grande catalizzatore di nostalgie varie (soprattutto in ambito televisivo) e, considerando anche la percentuale di over 30 che popola la rete, è più che naturale trovare moltissime informazioni o anche solo semplici rivisitazioni di tutto questo bagaglio della mass culture.

Ora, io non è che sia una persona particolarmente nostalgica... però rituffarmi in tutte queste memorie televisive legate all'infanzia mi ha fatto un certo effetto. Mi era già capitata una cosa analoga quando, recentemente, ho scovato una collezione di 7 CD di sigle televisive (si intitola Television's Greatest Hits e vi consiglio vivamente di recuperarla). E' risaputo che tutto quello che è legato all'infanzia provoca effetti di "nostalgia canaglia" in chiunque. Un aspetto però più curioso sul quale riflettere è la grandissima quantità di materiale televisivo nordamericano (in molti casi di dubbia qualità) al quale siamo stati esposti fin da piccoli. Col senno di poi è facile ridimensionare e relativizzare, ma mi chiedo, ovviamente, quanta influenza tutto questo abbia avuto sulla persona che sono oggi. Molta, immagino.

Ce ne sarebbe ancora da dire, ma per ora mi fermo qui. Ne riparleremo presto.
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Now playing: John Williams, E.T. The Extra-Terrestrial - Music from the Original Motion Picture Soundtrack

mercoledì, agosto 08, 2007

"Non ragioniam di lor, ma guarda e passa"


Mi perdoni il Sommo se mi approprio in modo un po' indebito di una delle sue frasi più note, ma quest'oggi sono davvero incazzato.

Oggi ho capito definitivamente che alcune persone non fanno più parte della mia vita profonda. O meglio, sono ormai ridotte a figure evanescenti, con le quali è difficile avere un rapporto pieno e maturo. Stando così le cose, mi è impossibile rimanere indifferente, più passa il tempo e più mi accorgo di avere bisogno di amici e persone con le quali c'è comunicazione costante, con cui condividere esperienze, delusioni e belle sorprese. Con i miei amici "di vecchia data" ormai tutto questo è irrimediabilmente svanito, perduto, dissolto. Rimangono persone con le quali si è condiviso un passato, ma con le quali è difficile vivere nel presente o immaginare un futuro. Rimane così un'immagine, un'idea, un volto e qualcosa che forse non si riesce a capire fino in fondo. E' infatti strano (o forse no) rendermi conto che, seppure le conosca da molto tempo, alcune persone continuino a rimanere enigmatiche, indecifrabili. A volte si cerca troppo la somiglianza con noi stessi e con le nostre abitudini, dimenticando che il sale di un rapporto d'amicizia vero e sincero è anche nelle reciproche differenze e quindi nel confronto aperto. Però io mi sono reso conto che con questi amici tutto ciò non avviene, non c'è confronto, non c'è dialogo, non c'è comunione d'esperienza. E quello che più mi fa incazzare è che si accetta invece l'ovvietà, la mediocrità, il fancazzismo e, più di ogni altra cosa, questà inconcludente neutralità, questo immobilismo di chi appunto si fa scivolare addosso qualsiasi cosa. E io non ne posso proprio più di tutto questo.

Io certamente mi sono illuso che con alcune persone si potesse mantenere oppure recuperare un'amicizia ormai sfilacciata e snaturata. Ma ormai mi è tutto chiaro: è ora di mettere la parola fine con molte di queste. Mi impegnerò di più a coltivare tutte quelle amicizie che invece hanno ancora valore e che possono avere un significato.

Tuttavia certe situazioni vanno affrontate, forse anche solo per capire ciò che in cuor proprio si è già constatato da tempo. E' un'ovvietà ammettere che, negli anni, gran parte delle amicizie svaniscono e se ne vanno con una dissolvenza in nero. Però a volte su alcune persone si investe tempo, energia, sentimenti... dunque fa un po' male rendersi conto di tutto questo.

In fondo, forse ho semplicemente realizzato che ormai devo fare conto soprattutto e solo su me stesso.
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Now playing: Jerry Goldsmith, Planet of the Apes - Original Motion Picture Soundtrack

martedì, agosto 07, 2007

The Book People


L'altra sera ho rivisto Fahrenheit 451, il film di François Truffaut tratto dal romanzo capolavoro di Ray Bradbury. Era parecchio tempo che non gli davo nuovamente un'occhiata e ne sono rimasto ancora molto colpito e coinvolto. Non è un film perfetto, ma è molto, molto potente. Sarà che rimango sempre molto affascinato dalle storie che parlano di personaggi che entrano in crisi profonda e cominciano a rimettere in discussione la propria vita, ciò che gli sta intorno e tutto ciò che è dato per acquisito e scontato... Montag è una bellissima rappresentazione dell'uomo che cerca la libertà, che vuole trovare un nuovo significato alle cose che lo circondano. La sua scoperta della letteratura è raccontata da Truffaut in modo così sentito, intimo e partecipe che non si può non rimanerne colpiti. Le storie che parlano di questi temi mi lasciano sempre addosso una grande commozione. Il film è poi una palpabile, sentita lettera d'amore per la parola scritta, qualcosa che sicuramente Truffaut sentiva in maniera molto profonda.

Il film è colmo di sequenze memorabili - infatti sono rimasto colpito da quanto mi fossero rimaste impresse nella memoria i colori, le atmosfere e quel senso di incombenza che permea tutta la pellicola - e, sebbene proceda molto lentamente e in maniera un po' incostante, rimane un'opera singolare. Ma forse più di ogni altra cosa, Fahrenheit 451 ha uno dei finali più belli e struggenti di tutta la storia del cinema, ossia tutta la sequenza finale, da quando Montag raggiunge il campo degli "Uomini Libro" ("The Book People" nella versione originale) e scopre il loro incredibile segreto, fino alle battute finali sotto la neve. E' una scena carica di poesia, di meravigliosa e malinconica partecipazione emotiva, di struggente bellezza ed armonia visiva, nonchè di immenso lirismo, accompagnata da una delle pagine musicali più alte che il geniale, gigantesco Bernard Herrmann abbia mai composto.

E infatti alla fine del film ero in lacrime. Quando la neve comincia a cadere, dando alla scena un'aura sognante e sospesa, ho provato un senso forte di commozione e di malinconia. C'è veramente qualcosa di magico in questa sequenza, una magia che Truffaut filma con lo sguardo puro e quasi mistico di un bambino. C'è lo struggimento per un'umanità sperduta e in rovina, ma al contempo anche la fiducia in ciò che di buono rimane in alcuni individui... e i meravigliosi accordi sospesi finali di Bernard Herrmann quando compare "The End" lasciano proprio questa duplice sensazione.

Pura magia.

"You don't like books, then."
"Do you like the rain?"
"Yes, I adore it."


Now playing: Bernard Herrmann, "Suite for Strings, Harps and Percussions" from Fahrenheit 451 (Los Angeles Philharmonic Orchestra; Esa-Pekka Salonen, direttore)

sabato, agosto 04, 2007

Chiuso per ferie. O no?


Oggi 4 agosto 2007, primo giorno delle agognate ferie. Ancora non ho idea di quale sarà la mia meta, forse Fuerteventura o forse no... boh, come al solito ho procrastinato fino all'ultimo secondo qualsiasi pensiero riguardante le mie vacanze, aspettando le decisioni di amici coi quali è difficile persino organizzare una serata in compagnia (mapercheccazzocertagentenonrispondeauncazzodisms??). E come al solito, sarà Adamo ad essere mio socio estivo... almeno lui è una garanzia.

Tanta voglia di mare, di spiaggia e di assoluto clima estivo godereccio. Avrei voglia di saltare in macchina e partire proprio in questo istante, decidendo la meta strada facendo. E forse alla fine sarà quello che farò.

L'anno prossimo comunque mi organizzerò le vacanze estive per i cazzi miei. Ho capito che alcuni amici non sono più affidabili. Meglio un viaggio solitario, magari insieme a qualcuno che diventa un compagno di strada solo per quella esperienza, piuttosto che aspettare le persone. Già, aspettare. Non so perchè poi mi continui ad ostinare ad aspettare certe persone. Forse la verità è che mi duole prendere piena consapevolezza che alcune amicizie sono ormai estremamente labili. Forse non inutili, ma comunque labili. Le vacanze sono per me un momento anche di riflessione generale, sulla mia vita, su ciò che mi circonda, sulle persone presenti nella mia vita. Lo so, è strano, ma è sempre stato così per me. Riesco a rilassarmi, a godermi le tranquille giornate e a evitare di pensare alla routine (questa sì dannosa), ma non smetto di far correre la mia mente alle cose più ampie del mio essere.

Un giorno farò un post con il riassunto delle mie vacanze estive degli ultimi cinque-sei anni... penso di avere uno dei record mondiali di "vacanze deprimenti". Non voglio fare quello che si compatisce, tranquilli... l'unico vero viaggio degli ultimi anni che posso ritenere tale è stato quello negli USA nel 2005. Ma tutto il resto... è roba davvero da spararsi. Ma nel senso da riderci su! :)

Intanto penso al viaggio a Chicago/NY del prossimo novembre, ancora una volta alla corte di Re John Williams.

Oggi Beppe Grillo ha pubblicato questo post sulle ferie d'agosto italiche. Forse un po' acido e brontolone, ma comunque lo capisco benissimo, sono cose che ho spesso pensato anch'io quando mi sono ritrovato a passare le vacanze in città.

Now playing: John Barry, On Her Majesty's Secret Service - Original Motion Picture Soundtrack

venerdì, agosto 03, 2007

I racconti del Mauri - 1

ovvero: pezzi letterari di poco valore e/o spunti per storie ancora tutte da scrivere.

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"Bicchiere della staffa con Hank Mancini"

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Ludovico ha la testa fra le mani. E' seduto di fronte al suo pianoforte. Sul leggìo fogli di partiture scribacchiati nervosamente, pieni di cancellature, modifiche e correzioni dubbiose.

"Che cazzo", sta pensando, "mi incasino troppo facilmente. Non riesco a scrivere 'sto cazzo di contrappunto adesso... ieri erano le toniche del secondo movimento, oggi quest'altro... 'ffanculo".

Sente il peso del nome che suo padre ha voluto affibbiargli, siccome era ossessionato da Beethoven. Ludovico ha sempre amato la musica, sin da quando era piccolino. Uno dei suoi primi ricordi in assoluto, quando prova ad andare più indietro che può con la memoria, è proprio lui accovacciato sulle gambe del papà che sbatte le sue manine goffe sulla tastiera del pianoforte a muro della vecchia casa.

L'orologio sul pianoforte segna le 3:47.

"Per oggi basta così", dice Ludovico a voce alta.

Alzandosi, comincia a stirarsi e a sbadigliare rumorosamente. Ludovico manda giù tutto in una sorsata le tre dita di rhum che aveva nel bicchiere appoggiato di fianco all'orologio.

"Manco fossi Henry Mancini col suo Martini", pensa Ludovico.

Il pensiero allora lo porta a suonare le prime note di "Moon River".

"Cazzo, che tema questo..."
, si dice Ludovico mentre suona.

Ormai è rapito dalla melodia e comincia a suonarla tutta quanta. Comincia a piangere, ma va avanti a suonare fino alla fine.

"Grazie, Hank", dice quando ha terminato di suonare. "Adesso forse è meglio che mi vada a stendere un po', domani sarà una giornata di merda".

mercoledì, agosto 01, 2007

To Have and Have Not


Desideriamo sempre ciò che non possiamo avere? Oggi me lo sono chiesto parlando con un amico, a proposito di donne. Mi raccontava di una sua recente vicenda con una tipa e di come lui abbia provato a mostrarle i propri sentimenti in modo estremamente genuino. Lui sapeva bene sin dall'inizio che quella ragazza era una sorta di "meta irraggiungibile", ma nonostante ciò ha voluto mettersi allo scoperto ugualmente. Mi sono trovato anche io in situazioni analoghe nel passato (e forse ci sono dentro anche ora? Boh, forse), allora è venuto spontaneo farmi quella domanda: perchè siamo così spesso attratti da ciò che sappiamo è impossibile da conquistare?

Ricordo quando, nel pieno delle turbe sentimentali per una ragazza, scrissi una lettera di tre-quattro pagine per descriverle tutto quello che provavo per lei. Eh, non fu la prima volta che feci una cosa del genere (l'evento risale a quattro anni fa, più o meno), ma ricordo che lo feci ben sapendo che alla fine sarei andato a sbattere contro un muro. Lei fu dolce, almeno non rimase indifferente, ma ovviamente si allontanò.

La mia vita sentimentale è finora stata abbastanza uno sfacelo, forse proprio a causa di questo idealismo assurdo del quale talvolta cado totalmente prigioniero. Ho spesso sentito il bisogno di un traguardo impegnativo, una meta difficoltosa, di una vetta alta da scalare. Boh, chissà da che dipende poi. Non è che sia un tipo masochista, anzi. Però quando le cose sembrano troppo facili o "in discesa" divento dubbioso. Sicuramente questo non rende la mia vita sentimental-affettiva più scorrevole... e ormai ci sto facendo il callo.

Stanotte c'è una luna enorme accesa, la luce filtra dalla finestra in camera mia e fa un'ombra bellissima. Roba del genere a Milano si riesce a vedere solo d'estate, in giornate limpide come quella di oggi. Già, Milano... un altro di quegli argomenti che torneranno in queste pagine. He he. Ad oggi questo blog credo non lo stia ancora leggendo nessuno. Tra poco comincio a fare il promo... vediamo che dirà la gente.

Now playing: Damien Rice, "Amie", dal CD O