domenica, ottobre 21, 2007

I racconti del Mauri - 2

Ovvero: pezzi letterari di poco valore e/o spunti per storie ancora tutte da scrivere.

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"La notte in cui ritornò"

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Il telefono squilla d'improvviso. Giovanni si sveglia di soprassalto.


"Ma che cazzo... ".

L'agitazione improvvisa gli fa sentire come un dardo nello sterno. Con le mani cerca a tentoni l'interruttore della lampada sul comodino. Guarda l'orologio. Sono le 3:15 del mattino. Nelle orecchie sente ancora quel ronzìo fastidioso che ormai da diverse ore lo aveva attanagliato.

Il telefono continua a squillare.

Giovanni si è addormentato vestito, anche stanotte. Il sonno lo aveva vinto intorno alle 2:30, più che altro per spossatezza. Era entrato in un sonno profondo, ma per nulla sereno o riposante. Era come se qualcuno lo avesse tramortito con un pugno ben assestato. Lo squillo imprevisto del telefono di casa lo aveva fatto svegliare all'improvviso, facendogli sentire tutto il peso dell'assenza di un vero sonno riposante.

Il telefono non smette di squillare.

Per un attimo Giovanni pensa se sia il caso di rispondere oppure di lasciar perdere.


"Ma chi cazzo è a quest'ora?".

Nella sua testa cominciano a balenare confusamente pensieri e ipotesi riguardo l'identità di questo caller notturno. Il ronzìo fastidioso che continua a sentire nell'orecchio destro non lo aiuta a fargli riordinare le idee. Ma improvvisamente Giovanni viene raggiunto dalla lucidità e senza indugio corre all'apparecchio e tira su la cornetta.

"Pronto?"
"Giovanni? Stavi dormendo?"
"Mamma... sì, non ti preoccupare... ero andato a dormire da poco. Non fa niente."
"Giovanni..."
"Sì, mamma, dimmi, che c'è?"
"Giovanni, ti sei dimenticato di venire da me oggi."

I pensieri annebbiati di Giovanni cominciano a ricomporsi e a ritrovare senso logico. Ora si ricorda che doveva andare a trovare sua madre quel pomeriggio. Era rientrato a casa nel primo pomeriggio, si era messo un po' al pianoforte, cercando di andare un po' avanti nella composizione del pezzo, poi come suo solito cominciò a bere, dimenticandosi completamente dell'appuntamento con sua madre. E poi quel ronzìo all'orecchio che aveva cominciato ad infastidirlo.

"Giovanni, perchè non sei venuto qui oggi pomeriggio? Ti ho aspettato tanto."
"Scusami, mamma... ma perchè non mi hai chiamato prima? E perchè mi chiami a quest'ora?"
"Non volevo disturbarti... cioe, no... è che poi oggi pomeriggio è successa una cosa strana..."
"Che è successo?"
"Non lo so... non so come spiegarti, è strano..."

La voce della madre di Giovanni era sempre più ansiosa e preoccupata

"Mamma, sono giorni strani questi... so che è difficile, ma tieni duro."
"No... Giovanni, lo sai come la penso... ma tutto questo non ha senso."
"Che cosa, mamma?"

Dalla cornetta ora Giovanni sente singhiozzi e sospiri.

"Perchè non sei venuto qui oggi, Giovanni? Dovevi venire... e te lo sei dimenticato."
"Scusami, mamma, scusami davvero."

Giovanni sentiva un peso enorme addosso, sentiva una stanchezza incredibile, che lo stava schiacciando. Sentire la voce di sua madre in quello stato, dopo quelle ultime, durissime giornate, lo stava per mettere definitivamente al tappeto.

"Mamma, che cosa è successo?"
"E'... riguarda tuo padre..."

Giovanni aveva appena immaginato di sentirsi dire qualcosa del genere.

"So che ti sembrerà strano, Giovanni... ma ti giuro che oggi lui è stato qui."
"Mamma..."
"Non ti sto prendendo in giro, lo giuro, Giovanni... te lo giuro su dio!"
"Ma', non dire..."
"Giovanni, te lo giuro, era qui!"

La voce della mamma di Giovanni adesso era agitata, quasi come se fosse emozionata da qualcosa di bello e sorprendente.
Giovanni ora cercava in tutti i modi di trovare la calma e la quiete dentro sè stesso.

"Mamma, queste sono cose che possono capitare dopo un lutto."
"No, Giovanni, non capisci..."

Giovanni tira un lungo sospiro. Era ormai sul punto di crollare.

"Mamma, per favore, adesso vai a dormire. Prenditi una o due pastiglie e cerca di riposare. Ti prometto che domani verrò da te. Davvero."
"Giovanni, era qui, te lo giuro..."
"Va' a dormire, mamma. Per favore... fallo per me."
"Era qui, Giovanni. Era qui! Era qui!"
"Mamma..."
"Ho sentito la sua voce! Mi ha chiamata per nome! Giovanni, te lo giuro... era qui ed era lui!"

Giovanni è annebbiato completamente dal sonno, dall'alcol ancora in circolo, dalla tristezza e dalla confusione totale. Continuava a tenere gli occhi chiusi, completamente strizzati. Vede solo macchie bianche accecanti e sente un forte bruciore. E quello stramaledetto ronzìo all'orecchio destro è ancora lì, ancora più forte.

La madre di Giovanni ora piangeva sonoramente.

"Mamma, vai a dormire. Verrò da te domattina. Dormi e non pensare a tutto questo. Ciao."

Giovanni attacca violentemente il ricevitore. E' al centro della stanza, confuso. Quella telefonata lo ha messo in uno stato di ansia.

"No, un altro attacco di panico adesso no..."

Giovanni si chiude a chioccia, per terra. Ha voglia di piangere e di incazzarsi come una bestia allo stesso tempo. Il ronzìo ora somiglia più ad un suono determinato, come quello di una corda di pianoforte colpita dal martelletto.

Giovanni si avvicina al grosso baule di suo padre che ieri gli è stato recapitato. E' ancora chiuso e non ha nessuna intenzione di aprirlo.

"Anche da morto riesci sempre a romperci i coglioni, eh?", dice con rabbia a voce alta.

Ora il ronzìo è diventato fastidioso e insistente. Giovanni si tappa le orecchie.

"Basta... basta... ti prego, basta..."

Ora il ronzìo somiglia sempre più ad un suono ovattato e insistente. Giovanni corre in bagno, apre bruscamente l'armadietto dei medicinali e cerca l'ansiolitico. Il suono ora è in entrambe le orecchie.

"Vattene, cazzo! Vattene via! Vattene viaaa!!", urla Giovanni ormai in preda al panico.

Ora il suono nelle orecchie di Giovanni è sempre più simile ad una voce. Una voce che gli sembra di riconoscere, anche se non la sente da parecchio.

"GIOVANNI... AIUTAMI."

Giovanni si guarda allo specchio del bagno, terrorizzato. Quella è la voce di suo padre.

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