domenica, ottobre 28, 2007

Negozietti, o quel che ne rimane

A Milano stanno pian piano scomparendo tutti i piccoli negozi, di qualsiasi genere e tipo. Sono pochi quelli che riescono a sopravvivere al terribile attacco dei megastore. In compenso, spuntano centri commerciali sempre più spaventosi e mastodontici (l'ultimo è un elefantiaco Auchan a Cinisello Balsamo), perlopiù collocati in periferia o nelle grige zone dell'hinterland.

Che tristezza.

Per quanto mi riguarda, nutro un odio viscerale per i centri commerciali, difatti cerco di non recarmici mai, se non quando strettamente necessario. Odio i parcheggi enormi sempre pieni, odio la fila per prendere un carrello, odio l'umanità che ne riempie ogni angolo, odio la gente che si ferma a pranzare da McDonald tra un acquisto e l'altro, odio chi decide di passarci interi pomeriggi quando non addirittura le giornate, odio gli enormi stendardi con scritto "Grandi Sconti! Promozioni!" e via dicendo, odio la gente che si mette in fila dalle 7 del mattino quando regalano una lavatrice o un televisore LCD a 100 euro, odio i tamarri adolescenti che li usano come luogo di ritrovo, odio la puzza che alberga in tutti i corridoi, odio la muzak sempre in sottofondo, odio la assoluta mancanza di rispetto e cortesia di gran parte dei commessi, odio l'ostentazione della merce che li contraddistingue... insomma, odio i centri commerciali.

Sono sempre stato un amante del negozietto, della piccola bottega, del sorriso e della parola del gestore di un negozio, della cura messa nell'allestimento di una vetrina. Anche tutt'ora, se devo comprarmi qualcosa, preferisco assai di più prendere il tram e recarmi in centro, piuttosto che infilarmi in auto e farmi fagocitare dagli shopping mall. Solo qualche giorno fa sono entrato nel negozio Giochi dei grandi, vicino a Piazza Fontana. Una gentilissima signora coi capelli d'argento mi ha sorriso e ha risposto alla mia richiesta con una cortesia d'altri tempi. Il loro negozio poi è un piccolo antro nel quale passerei le ore, pieno di giochi fatti col legno, dove si possono ancora trovare cose come un pallottoliere, il Pinocchio di legno o dei bei puzzle (i pasol, cacchio!) coi quali passare le ore. Poco dopo, passeggiando sempre lì vicino, sono passato di fronte ad un negozio di strumenti musicali, che in vetrina espone orgogliosamente il certificato "Bottega storica certificata dal Comune di Milano". Guardando dentro, vedevo i visi distesi e pacifici dei due proprietari. Avevo voglia di entrare, anche solo per dare un'occhiata, ma poi ho tirato dritto e sono andato a prendere il tram.

Il centro commerciale o il megastore dà l'illusione di una scelta infinita e senza limiti, quando invece vuole solamente instillarti la voglia di qualcosa di cui non hai assolutamente bisogno. Vuoi comprarti una camicia e alla fine esci anche con un paio di scarpe, un DVD e una T-shirt. Il negozietto invece ti accoglie con discrezione, il commesso ti chiede aiuto e cerca di darti una mano senza però vederti come un portafoglio da sgonfiare. Ricordo quando, ormai più di 15 anni fa, scoprii quello che per diversi anni divenne una sortia di piccolo tempio delle mie passioni: La Borsa del Fumetto, la storica fumetteria di Via Lecco. Lì, insieme a mio fratello, ho spesso parecchie paghette e ci ho lasciato parecchi desideri, togliendomene comunque altri (ad esempio un volumone in formato coffee table book sulla storia della Industrial Light & Magic di George Lucas pagato circa 175.000 lire di allora...vediamo, era il '91 o il '92, vi lascio immaginare quanto fossi malato già allora). Quel negozio rimane un simbolo della piccola bottega nella quale potevi trovare tutto, anche quello che non t'aspettavi. Lo stesso accadde con Il Tempio del Video, superba videoteca in Via Torino (che fortunatamente resiste ancora): i due fratelli proprietari sono un esempio di cortesia e preparazione sulla materia e talvolta mi sono lasciato coinvolgere in qualche chiacchiera sul cinema. Ricordo anche le varie puntate a negozi di dischi oggi quasi tutti scomparsi come Disco Club (nella stazione metro di Cordusio), Mariposa (in Porta Romana), La Voce del Padrone (in Galleria Vittorio Emanuele), nei quali acquistai i miei primi CD. E questo vale ovviamente anche per i negozi di abbigliamento, per quelli di alimentari, il ferramenta, il calzolaio, il panettiere, il bar e così via.

Mi mette tristezza sapere che molte botteghe e molti negozietti a Milano devono chiudere definitivamente la clère oppure sono costretti a vita dura, a causa dell'aggressività concorrenziale di megastore e centri commerciali. Ma è ancora peggio pensare che molta gente non sa nemmeno più relazionarsi con un modo più pacifico di fare acquisti per sé. Quando mi capita di entrare in qualche megastore, mi accorgo come chi compra è insolente e affrettato. Si fa shopping alla maniera di come ci si ciba nei fast-food: male e di corsa. Quando vedo le facce di certa gente quando fa shopping, mi viene il voltastomaco. A questo punto, è davvero molto meglio l'anonimato e la rapidità degli acquisti online: si trova tutto e non devo nemmeno avere a che fare con un'umanità nauseante ed insopportabile.


Now playing: Ben Folds Five, "One Angry Dwarf and 200 Solemn Faces", dall'album Whatever and Ever Amen

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