lunedì, novembre 19, 2007

Musica infilata nelle orecchie.

Lo sguardo è fisso da qualche parte. Ogni tanto vaga senza una meta precisa. Gli occhi su muovono qua e là, seguendo il flusso dei propri pensieri, a volte sparsi in libertà oppure molto precisi e circoscritti. Molti rimangono spiazzati, perchè è sempre più raro osservare qualcuno che pensa, ascoltando solamente la propria musica interiore.

Tutti (ma proprio tutti) con gli auricolari infilati saldamente nelle orecchie, con gli sguardi sempre più persi ed isolati, chiusi dentro come ad una stanza di gomma, nella quale si può rimbalzare continuamente e stupidamente, da soli. Gli auricolari come scudo, come protezione, come rifugio. Così è più facile evitare il contatto con gli altri, si tengono alla larga i rompiscatole che vogliono attaccar bottone, ci si sente ancora più autorizzati a farsi gli affari propri, sempre più chiusi nella gommosa viscosità dei propri banali pensieri oppure nel crogiolo di una solitudine che continua a fare male. La musica diventa allora solo un costante sottofondo, come quello della radio che non smette mai di blaterare idiozie e di trasmettere musica da quattro soldi. E allora la musica non si ascolta. La musica deve solo riempire il vuoto angoscioso del silenzio. Oppure deve sovrastare, ammutolire le dissonanze schoenberghiane che dominano i pensieri.

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